Barbara Dondi
Nata e cresciuta nei teatri lirici, la fortuna in brevi anni si rivelò cieca.
Quindi inizio a lavorare e nel frattempo sono inutilmente iscritta ad un sacco di facoltà. Incontro Orsi: abbandoniamo il lavoro ci dedichiamo a tempo pieno al Teatro.
Anni impegnati ed impegnativi: attrice, traduttrice, drammaturga, capocomico…. Traduco lavori di Ionesco e Tardieu (molto bene, dicono loro). Scrivo una Giovanna d’Arco (che non brucia) e adatto e interpreto una Bisbetica Domata (che non viene domata)….. Insomma: esperimento me stessa e gli altri
Gli ultimi impegni teatrali riguardano un complesso progetto di indagine sulla comunicazione teatrale, in collaborazione con l’Università di Utrecht e la scrittura di uno spettacolo-gioco “Segretissimo” in anticipo di 10 anni sulla cultura dell’epoca, ma campione di spettatori per una stagione intera.
Conclusa l’esperienza teatrale, mentre Orsi si guarda intorno alla ricerca di soldi, io cerco di accettare il fatto che nel mondo “normale” le donne non contano pressoché nulla. Non ci riesco.
Comincia la lunga opera di educazione ed addestramento del mondo dei normali. Mi re-iscrivo alle facoltà, le lascio, le riprendo. Anche i docenti si considerano “normali”, anzi, supernormali…
Allora decido di dedicarmi ai nuovi mezzi di comunicazione, settore che al tempo “i normali” non avevano ancora scoperto.
Fondo (sempre con Orsi e con il giovane Giacomo Amelotti) una piccola realtà informatica, con la quale iniziamo a collezionare premi nazionali ed internazionali (vedi Orsi bio)
La realtà diventa sempre + concreta e impegnativa… il lavoro cresce, i collaboratori fioriscono. Tutto - mi dicono - nella norma del trend.
Così penso di rimettermi a lavorare su di me e sugli altri: la comunicazione sinuosa, virtuosa ed eccellente; l’improvvisazione, la visione del mondo, la scrittura, la lettura, il teatro, il video, la musica, i testi, la fotografia….
Perché la normalità è un mito. La nostra vita - le grandi scelte come la piccola quotidianità - sono un fluido divenire.
Michele Orsi
Nato fortunato, ma ben presto stretto dalle contingenze, ebbi l'occasione di poter frequentare la Scuola di pubblicità fondata da Severo Pozzati in quegli anni.
Trovato lavoro a diciott’anni in una agenzia di pubblicità, imparo il mestiere e mi iscrivo all’Accademia di Belle Arti. Incontro Barbara con cui farò coppia.
Abbandonato il lavoro ci dedichiamo a tempo pieno al Teatro.
In quegli anni, da scarso attore divento un buon regista e comprendo lo scopo della mia vita: mettere ordine all’interno di gruppi disomogenei per ottenere un appagante risultato comune. Sempre in quegli anni lavoro con Ionesco e Tardieu, soprattutto il primo mi illumina chiarendomi che lui non scrive “teatro dell’assurdo”, ma teatro della verità.
Sempre più orientato verso le integrazioni dell’azione e del linguaggio, proseguo nella ricerca, creando spettacoli e organizzando stages ed incontri con Eugenio Barba, e tanti altri.
L’ultimo progetto di grande successo prevede la totale integrazione fra pubblico e attori. Conclusa l’esperienza teatrale mi guardo intorno alla ricerca di soldi
Vengo chiamato da alcuni vecchi amici per curare la regia di grandi eventi e lì risolvo il problema. Con i soldi viene la noia e decido di dedicarmi ai nuovi mezzi di comunicazione.
Fondo (sempre con Barbara e con il giovane Giacomo Amelotti) una piccola realtà informatica, con la quale iniziamo a collezionare premi nazionali ed internazionali (Moebius per il Cd-Rom sull’Abbazia di Santo Stefano, il Bardi Web Award per il sito ad alta accessibilità della RAI ecc.).
Ma la comunicazione cambia a grande velocità. La rete diviene sempre più efficiente.
Ora la comunicazione uno>molti è integrata dalla comunicazione uno>uno. La rete diviene sempre più un luogo di scambio e di confronto.
Attualmente sono impegnato nella ricerca di modelli collaborativi uno>uno/uno>molti all’interno di grandi aziende diffuse. L’obiettivo è: utilizzare nuove e vecchie prassi per creare ambienti collaborativi.
Per quel che penso debbo ringraziare Severo Pozzati, Eugene Ionesco, Jerzy Grotowski e Paul Watzlawick.